Etica dell'intervista
28 maggio 2018, scritto da Francesca Memini
categoria: Punti di vista
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Etica dell'intervista

Che cos'è un'intervista? Intervista giornalistica, l'intervista del ricercatore qualitativo e la raccolta della storia di malattia da parte del curante. Quali sono gli aspetti comuni e quali le differenze?
Nella mia professione di divulgatore mi è capitato spesso di realizzare interviste. Non parlo di interviste a scopi di ricerca o di interviste a scopi diagnostici. Non sono un ricercatore e non sono un operatore sanitario. Parlo proprio delle interviste, quelle che leggiamo quotidianamente su giornali e siti.

Quando faccio un'intervista generalmente non registro (perché odio dover sbobinare) e prendo pochissimi appunti, un po' perché scrivo molto lentamente, ma soprattutto perché è un'attività che mi richiede di distogliere una parte di attenzione.  Nel tempo ho imparato che per me è importante dare tutta la mia attenzione alla persona che sto intervistando.
Non voglio dire che sia per tutti così: ho visto persone che prendono appunti a una velocità supersonica e senza perdersi nemmeno una parola. Forse semplicemente non sono capace di prendere appunti.
Come dicevo, però ho imparato a fregarmene degli appunti e a concentrarmi sulla costruzione di una relazione con l'intervistato. Le interviste migliori, quelle che mi hanno dato più soddisfazione sono quelle che si svolgono come conversazione. Parto sempre da una scaletta, da una serie di argomenti che voglio toccare, ma poi la curiosità prende il sopravvento e apre la strada a domande spontanee e non preparate. 
Ma questo è solo il primo passo. 
Il mio sforzo di attenzione è fondamentale per procedere con la scrittura dell'articolo.

Devo aver compreso quello che mi è stato detto per poter davvero essere fedele alla storia raccolta.
Devo cercare di riprodurre la voce dell'intervistato senza sovrapporre la mia (impossibile, ma ci si prova), lasciando spazio alla mia voce nelle domande. 
Non credo che possa funzionare una semplice sbobinatura della registrazione (anche se può servire come supporto alla memoria): quello che si perde nel passaggio dall'orale allo scritto è essenziale e va in qualche modo ricostruito. 
L'intervista è un lavoro di ricostruzione, il più possibile verosimile, a partire dalla comprensione del disegno d'insieme, ma anche attraverso quei frammenti di parole chiave o espressioni che mi sono appuntata e dalle emozioni che mi ha suscitato il dialogo.
Nella ricostruzione, bisogna tener conto anche della necessità di venir incontro al lettore, di dargli le informazioni che gli servono per capire il dialogo, di incuriosirlo e interessarlo alla lettura. Se nella conversazione con l'intervistato può capitare di andare un po' fuori tema, nella stesura bisogna selezionare accuratamente le informazioni coerenti con l'obiettivo.

Perché vi racconto queste cose? Perché ci vedo numerose analogie con la conversazione che avviene tra medico e paziente, con la raccolta della storia di malattia e con l'attenzione che il medico deve rivolgere. 

Di recente invece ho vissuto anche l'esperienza opposta, quella di essere intervistata. Ecco, mi sono resa conto di essermi comportata come uno di quei pazienti che "trabordano": ero talmente presa dall'ansia di dire tutto, ma proprio tutto, alla giornalista che mi intervistava, che alla fine l'ho costretta a un duro lavoro di selezione dei contenuti.
E anche qui credo che le analogie possano davvero essere significative. Anche come pazienti ci si può preparare all'intervista.
Ma di questo parleremo in un altro post...