Effetto Kulesov
10 maggio 2018, scritto da Francesca Memini
categoria: Arte, cinema e letteratura
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Effetto Kulesov: il montaggio che “fa” la narrazione

L’effetto Kulesov - utilizzato nel montaggio cinematografico - ci insegna qualcosa sulla narrazione, qualcosa su come costruiamo il significato di ciò che percepiamo.

Ieri per caso mi è capitato di vedere questo spezzone di un’intervista a Hitchcock. 


Ho pensato che sarebbe stato interessante inserirlo in uno dei nostri laboratori sulla Medicina Narrativa. “Aspetta - mi ha sussurrato la stridula voce della mia autocensura interiore - non starai andando un pelino fuori tema?”
Il cinema è uno degli strumenti che viene utilizzato più di frequente nei corsi sulla Medicina Narrativa o sulla relazione medico-paziente, perché rappresenta un’esperienza immersiva di grande coinvolgimento emotivo. Emergono spunti di riflessione a partire dalla storia narrata o dalle emozioni che questa ha suscitato nello spettatore. Si scelgono film o spezzoni di film che raccontano storie di malattia perché il contenuto della storia è il focus dell’analisi. 
Ha senso fornire strumenti tecnici di analisi,  come per esempio la spiegazione dell’effetto Kulesov? in fondo non stiamo formando dei critici cinematografici, ma dei professionisti della salute. La prima risposta che mi è subito venuta in mente è stata: “sì, ha senso perché è bello!” 
Forse sarebbe una risposta sufficiente, ma mi rendo conto di essere di parte. La seconda risposta forse è più convincente anche per voi ed è questa: Se la comprensione è un processo a spirale, passare da un’analisi del contenuto a un’analisi della struttura, serve ad aggiungere un livello alla spirale. Analizzare e imparare a conoscere la struttura di una narrazione e il processo che questa mette in atto è uno strumento in più per i curanti narrativi, che devono fare della narrazione uno strumento fondamentale nella pratica di cura

Che cosa ci insegna l’effetto Kulesov? Ci insegna qualcosa sulla narrazione, qualcosa su come costruiamo il significato di ciò che percepiamo. La nostra mente cerca di dare un senso a elementi che ci vengono presentati in sequenza temporale. La psicologia e le scienze cognitive spiegano come e perché questo avviene. Il cinema ce lo mostra concretamente.
Elementi apparentemente neutri possono assumere significati diversi, in base a quello che viene prima o dopo. Nello scambio di narrazioni che avviene tra curante e paziente, il “montaggio” può essere utilizzato più o meno consapevolmente, ma la nostra mente cercherà sempre di leggere come un tutto dotato di senso anche elementi accostati per errore o inconsapevolmente. Cosa potrebbe succedere, per esempio in un setting di comunicazione della diagnosi? Provate a immaginare 

Un medico che applica la medicina narrativa si prenderà cura nella sua narrazione non solo per quanto riguarda il contenuto, ma anche il montaggio.

Voi cosa ne pensate?